foto libro
"La farfalla dalle ali spezzate" di Vittoria De Marco Veneziano
Presentazione a cura di
Arturo Messina
          Da lì tutta l’intrigata vicenda che ne seguì e che si concluse con l’acquisto forzato di tutte le ricotte, che andarono a finire nel “mastodontico Osva Matic frigider” e che la nonna le fece mangiare per alcuni giorni, dicendo a lei che non ne voleva :” Non puoi arrecare dei danni agli altri e non assumerti le tue responsabilità” e insegnandole così il senso della disciplina attraverso quello del dovere, imparato a sua volta dalle rigorose suore del Collegio Benedettino di Santa Walburga ad Eichstatt, in Germania, dove la scrittrice portò poi, nel 1979,la figlioletta perché lì c’era un medico tedesco che le avevano detto che praticava la terapia cellulare a base di estratto di feto di pecora, che fu una delle cure che le diedero speranza.
          Speranza che presto si rivelò vana, ma che non l’abbandonò mai, che le diede la fede attraverso “un cammino spirituale difficile, ma gioioso, perché “sei stata tu – conclude il racconto rivolgendosi alla sua bambina.- ad aprirmi la porta che conduce a Dio”.
          Commovente il suo racconto quando riferisce le parole, riguardo la bambina, dette da una sua amica, che poi tanto amica non doveva esserle, considerando il consiglio che le diede:” Non spendete i vostri soldi; tanto è un problema di nascita e non c’è niente da fare; ti consiglio di provvedere in altro modo...” L’altro modo? Mandarla in un istituto o...peggio!
          A questo punto Vittoria Veneziano De Marco coglie l’occasione per fare delle amare considerazioni, tra cui la più significativa: ”Ho sempre pensato che le mamme, per il fatto di avere in comune il dono della maternità, dovessero essere solidali tra loro: forse non vale per tutte. Talvolta mi domando: - Cos’è il male? Il male è anche non capire il dolore degli altri! Credo che il male si possa vincere con l’amore, che ha il potere di addolcire l’animo”.
          Sono frequenti gli spunti che lei coglie lungo il suo doloroso ma coraggioso racconto per esprimere considerazioni di questo genere”. Per questo il libro che sta dando alle stampe Vittoria son sicuro che avrà il potere di addolcire l’animo di tanti lettori, soprattutto di quelli che ancora non hanno avuto l’occasione di rientrare in se stessi e di riflettere su queste così importanti problematiche sociali e personali
          Svanita la speranza che i coniugi De Marco Veneziano avevano riposto nel medico tedesco, la scrittrice racconta che ne sorse un’altra: “La speranza di piume esser coperta suole - dice Emily Dickinson, che lei riferisce all’inizio del capitolo intitolato “Un pallido sole” – appollaiata nell’anima veder la potrai; canta una melodia senza parole e il suo cantare non finisce mai”.
          Ha inizio così la parte centrale della narrazione che riferisce i numerosi, lunghi, estenuanti e costosi viaggi della speranza a Philadelphia, intercalando altri viaggi meno lunghi e faticosi, come quello di Stresa.
          Ma anche i “gesti di solidarietà”, il senso di umanità, soprattutto del direttore degli istituti americani e della sua straordinaria collaboratrice, l’ottimismo che certa gente sa infondere, la comprensione e la bontà della madre, lo spirito di compartecipazione e di collaborazione del proprio consorte, compagno non di sventura ma di lotta senza conoscere resa...
          Sono tutti gli argomenti che la scrittrice sviluppa con il suo stile narrativo che è diretto riflesso del suo stile di vita...           Un lavoro che tutti devono leggere perché tutti ne sono coinvolti e tutti da esso trovano i propri punti di riferimento per rimanerne edificati, confortati, migliorati nei confronti personali e collettivi.

Arturo Messina

Siracusa – festa di santa Teresa 2006